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Home » Blog » Brand Identity & Logo

Brand Identity & Logo

  • di roberta flamini
brandelogo

2 facce della stessa medaglia

In un certo senso è come parlare della medesima cosa, dato che il logo, si può definire l’elemento centrale di una brand identity.

Partiamo da principio, definendo cos’è una brand identity.

E’ un concetto del marketing che prevede che l’identità di un’azienda sia solida e chiara, affinché il target di riferimento possa riconoscere la marca con semplicità e allinearla alla brand image (ciò che il consumatore riconosce del brand).

wikipedia

In sostanza la brand identity è composta da:

  • Vision e Mission
  • Naming
  • Logo e Colori
  • Payoff

C’è differenza tra azienda di prodotto e azienda di servizi

azienda di prodotto e di servizi
immagini originali di @mokocharacters

Facciamo una differenza tra azienda di prodotto (adidas, voiello, coca-cola, ecc…) e azienda di servizi (enel, acea, taffo, armando testa, ecc…).

Nell’Azienda di prodotto, quando si crea la brand identity, si tiene conto di due fattori in più:

  • attributi
  • packaging

Gli attributi sono le caratteristiche specifiche di prodotto.

I suoi aspetti materiali o immateriali che risultano associati a un determinato brand. Nello specifico sono caratteristiche direttamente percepibili che rappresentano l’utilità del prodotto per il consumatore

wikipedia

Attributi materiali: Possono essere percepiti attraverso i sensi

Attributi immateriali: Possono essere percepiti da un punto di vista psicologico/subconscio

Il Packaging è il “vestito” del prodotto e sappiamo bene che nel settore della comunicazione e soprattutto della pubblicità “l’abito fa il monaco…eccome se lo fa!”

Il packaging (confezionamento) svolge 4 funzioni principali:

  • Contenimento e conservazione del prodotto
  • Fruizione e processi di consumo (imballaggio richiudibile)
  • Comunicazione (viene spesso definito come uno spot sempre in onda)
  • Informazione (Ingredienti – Scadenza – Istruzioni)

Vision e Mission

brand identity mission e vision
immagini originali di @mokocharacters

Per costruire una corretta brand identity è necessario che l’azienda abbia chiari i suoi obiettivi di mercato e la propria identità.

Una volta chiarito per bene chi siamo, perché facciamo quello che facciamo e a chi ci rivolgiamo, possiamo creare un’identità visiva definita e solida, che rimanga forte anno dopo anno.

La vision rappresenta l’insieme degli obiettivi aziendali.

La mission rappresenta l’azione, ovvero, come si intende procedere per raggiungere tali obiettivi.

Naming aziendale e di prodotto

naming
immagini originali di @mokocharacters

Il naming è una strategia di denominazione del prodotto che aggiunge semanticità alla comunicazione pubblicitaria e che considera sia la qualità dell’oggetto da denominare sia il possibile uso contestuale che ne verrà fatto.

Alcune tipologie di naming

  • Nomi Brevi (Go=Succo di frutta, dall’inglese “Vai” – Vim=Polvere Sgrassante, dal latino “Forza”)
  • Alterazione e trascrizione fonetica/grafica di un termine in lingua straniera/italiana ( Brioss=Francese “Brioche” – Douss Douss= Francese “Douce Douche” – Cif=Inglese “Chief”)
  • Manipolazione e integrazione del marchio di fabbrica/nome azienda (Pavesini=Gran Pavesi – Invernizzina=Invernizzi – Danito=Danone – Galbanino=Galbani)
  • Formula sintetica che allude alla funzione del prodotto o dei suoi componenti (Senz’Acqua, Stira&Ammira, Perlana, MastroLindo, Condiriso, Ovomaltina, Pocket Coffee)
  • Metafora allusiva e associazioni fantastiche (Poison=Profumo – Tahiti=Bagnoschiuma – MareBlu=Tonno – Panda=Macchina)
  • Personificazione di nomi propri di persona (Giulietta=Automobile – Margherita=Lavatrice – Pippo=Scopa – Lycia=Fazzoletti)
  • Nome aziendale seguito da un numero. Lettera seguita da un numero. Numeri e lettere. (Renault 5 – Y10 – Uno – Delta – Fiat 126)

Per il nome aziendale, di solito i criteri di scelta sono tre:

  • Nomi individuali o nomi di famiglie di prodotti distinti
  • Marca generica d’impresa
  • Marche Multiple

Nel caso della strategia “Casa Multimarca”, ovvero marchi con nomi diversi (es. Procter & Gamble) si parla di House of Brands. Quando tutti hanno il nome del Corporate Brand si parla di Brand of the House.

Logo e Colori

logo e colori
immagini originali di @mokocharacters

Il termine logo indica l’insieme dei simboli che identificano un’azienda o un prodotto, al fine di distinguersi dalla concorrenza.

  • Logotipo (dal greco “logos” – parola e “Typos” – lettera): Il nome per esteso del prodotto o dell’azienda, scritto con caratteri graficamente elaborati (lettering come ad es. Coca-Cola)
  • Marchio o Pittogramma: Elemento puramente grafico e distintivo del prodotto o dell’azienda (come ad esempio il baffo della Nike).

Il Marchio viene quasi sempre associato al logotipo o a volte viene integrato in esso dando vita al Combination Mark.

Per quanto riguarda i colori bisogna sempre avere un occhio attento alle grandi leggi di mercato, anche se per alcuni settori, i grandi classici possono arrivare a tramontare. Penso ad esempio ai negozi per neonati, dove ultimamente la tendenza è quella di sdoganare i classici “blu maschietto e rosa femminuccia” e al loro posto prendono piede colori come il viola, l’arancione, il giallo o il verde.

Lo sdoganamento dei cliché è sempre dietro l’angolo, tuttavia alcuni settori e alcuni brand continuano a preferire le “regole classiche” come ad esempio i ristoranti di pesce tendenzialmente scelgono ancora come colori il blu e il bianco e i venditori o ristoratori di carne scelgono le tonalità del rosso, arancio e giallo.

Secondo un articolo scritto da Alessandro Bortolotti su economiacomportamentale.it

Le persone prendono una decisione entro 90 secondi dalle loro interazioni iniziali con persone o prodotti, e circa il 62-90% della valutazione si basa esclusivamente sui colori.

economiacomportamentale.it

Payoff, Slogan, Claim, Headline. Facciamo chiarezza.

payoff
immagini originali di @mokocharacters

Nel linguaggio comune, lo slogan è quella tipica “frase ad effetto” utilizzata in pubblicità per colpire il pubblico: tuttavia, nel mondo del marketing è un termine ormai piuttosto obsoleto, a cui si preferisce una terminologia differente, che vediamo di seguito.

Bisogna per prima cosa distinguere qual è davvero la funzione di queste brevi frasi e che uso ne sarà fatto all’interno della promozione di un brand o di una campagna pubblicitaria. Ecco alcune definizioni, per chiarire la differenza fra termini quali slogan, payoff o claim:

  • Il payoff (chiamato anche tagline) è una frase breve associata normalmente al logo di un’azienda. Ne completa l’identità, definisce il brand e lo rende riconoscibile e coerente. Tende ad essere una frase di poche parole che si associa in modo permanente (o quasi) a quel determinato brand, diventando quasi un tutt’uno con esso.
Alcuni esempi famosi: McDonald’s e il suo famoso “I’m loving it”, oppure il brand Nike e il suo “Just do it” o ancora “La Coop sei tu” o “Trony, non ci sono paragoni”; oppure, per entrare nel settore dell’educazione, un payoff che ha acquisito notorietà è legato al brand Bocconi, che si identifica in una breve frase: “Knowledge that matters”. Si tratta dunque di frasi che vedremo sempre affiancate al brand, di espressioni che ne rispecchiano completamente l’identità, che tendono ad essere orecchiabili e che giocano sulla capacità mnemonica dell’utente.
  • Il claim (chiamato anche headline) è un’espressione legata ad una singola campagna pubblicitaria – il vecchio caro “slogan”: può servire ad esprimere alcune qualità di un prodotto, i valori di un’azienda o a distinguere il brand dai suoi concorrenti, ma viene poi abbandonata – al termine della campagna – in favore di un nuovo claim, che accompagnerà la successiva. A volte, tuttavia, si può far confusione e non riuscire a cogliere la differenza tra le diverse tipologie di espressioni.
Alcuni esempi di claim: “Cosa vuoi di più dalla vita?” è un claim famoso, a cui chiunque è pronto a rispondere in coro “Un Lucano!”. Oppure, la famosa campagna della Barilla e il suo “Dove c’è Barilla c’è casa”; o ancora, nel settore universitario, l’Università telematica Pegaso e il suo claim “Il futuro è nella rete”.

Design della comunicazione e visual design

design comunicazione e visual
immagini originali di @mokocharacters

Progettare la comunicazione vuol dire creare le basi per la definizione del progetto visivo nella sua interezza. Basi solide e linee guida da seguire e rispettare nel tempo.

Il design della comunicazione prevede una progettazione strettamente legata al marketing e agli obiettivi aziendali, significa partire dal piano di comunicazione definendo strategie, mezzi e investimenti più idonei, creando anche canali di comunicazione nuovi se necessario.

Il visual design è un termine che riguarda principalmente la parte estetica/grafica del progetto di comunicazione. Nel visual design ci si preoccupa di risolvere problemi di codifica del messaggio e la fruizione dello stesso sui diversi media.

Il designer è il professionista che lavora all’interpretazione, organizzazione e presentazione visiva dei messaggi, nel rispetto di principi di efficacia, appropriatezza estetica ed economia.

Le attività che svolge sono:

  • Progettazione
  • Verifica
  • Produzione
  • Valutazione dei messaggi

Restyling & Rebranding

restyling e rebranding
immagini originali di @mokocharacters

Restyling e rebranding identificano due processi aziendali notevolmente differenti.

Il primo è un’operazione di aggiornamento, uno svecchiarsi, riqualificarsi, riaffermarsi. Un’azienda può intraprendere un’operazione di restyling realizzando semplici ritocchi per produrre un lieve riposizionamento o un adeguamento funzionale.

Si può decidere di apportare un restyling anche quando mutano le preferenze del target di riferimento. Di solito il restyling è un intervento lieve; vengono mantenuti gli elementi tradizionali del brand e allo stesso tempo si introducono idee innovative.

In questo modo non si perde la clientela, anzi, ci si rafforza ai suoi occhi, e si può attrarre comunque un nuovo target o recuperare un segmento perso in precedenza.

Il rebranding è un’operazione del tutto diversa. Attraverso un altro nome, prodotti o servizi preesistenti vengono reimmessi nel mercato sotto un altro nome o una diversa identità.

Questa operazione presenta notevoli fattori di rischio pertanto è consigliabile solo in caso di situazioni particolarmente difficili come ad esempio:

  • Fusioni, scissioni o acquisizioni
  • Eventi negativi per l’immagine dell’azienda

Gli step necessari per preparare un rebranding sono:

  • Valutare la cultura esistente (analisi SWOT)
  • Ottenere riscontri
  • Costruire una nuova cultura di marca in cui tutti possono riconoscersi
  • Condividere i nuovi valori per essere tutti allineati agli obiettivi aziendali

Estensione del concetto della brand identity

personal branding
immagini originali di @mokocharacters

Nelle estensioni troviamo il personal branding. E’ un processo di marketing individuale che vede la persona come un brand.

La strategia, così come per l’ambito commerciale, deve essere elaborata, condivisa e protetta.

L’obiettivo è quello di differenziarsi e riscuotere successo nelle relazioni sociali e professionali.

Per poter narrare sé stessi come un’azienda lo storytelling è la metodologia più adatta.

Caratteristiche principali del personal branding:

  • Costanza nella narrazione
  • Interattività sui social media
  • Attento listening del proprio pubblico

Considerazioni conclusive

business plan
immagini originali di @mokocharacters

Personalmente in oltre 15 anni di esperienza ho curato diverse Brand Identity, per aziende di prodotto e di servizi. Ho realizzato piani di comunicazione, loghi, restyling, rebranding e molto altro.

Il restyling più recente è quello per l’azienda Consilia FCO.

Tra i vari restyling c’è anche quello per la FNP CISL, L’Anteas Nazionale e il Festival delle Generazioni, ai quali ho lavorato personalmente durante gli anni in agenzia.

Quel genere di restyling è molto impegnativo perché coinvolge enti con sedi in tutto il territorio Nazionale, quindi necessita di un’organizzazione curata nel minimo dettaglio.

Molto spesso, nelle grandi come nelle piccole realtà, c’è disorganizzazione e dispersione delle competenze.

Capita spesso, soprattutto all’interno di progetti in start up, che l’imprenditore arrivi con un logo fatto da un professionista (se sei fortunato) oppure da sé stesso (se sei sfortunato) e chiede una Brand Identity che dobbiamo costruire da analisi ed elementi già individuati da altri e non sempre idonei per la costruzione di una buona e solida brand identity.

Capita, a volte, di avere a che fare con aziende che hanno scelto un nome inappropriato o sono incappate nel “professionisti NON professionisti” del mestiere.

Questi NON professionisti riempiono di parole i malcapitati e poi lasciano l’imprenditore con una comunicazione inutilizzabile pagata a peso d’oro.

E’ molto spiacevole quando accadono queste cose, purtroppo accadono più spesso di quello si possa pensare. A volte per via di imprenditori troppo indecisi e insicuri della propria realtà, a volte per via di non professionisti che vogliono portare avanti progetti più grandi di loro.

Il mio consiglio è quello di decidere con coscienza e precisione la propria identità aziendale.

Capire e studiare il target di riferimento, fare un business plan, un piano marketing, o semplicemente avere le idee chiare sulla propria idea imprenditoriale.

Avendo ben chiaro chi siamo e cosa vogliamo costruire sarà molto semplice per un collaboratore, professionista del settore della comunicazione visiva e non, creare la Brand Identity perfetta per le vostre esigenze.

Se avete bisogno di una Brand Identity, un restyling, un piano di comunicazione, non esitate a contattarmi.

Tag:brand identitycomunicazionelogomissionnamingpackagingpayoffpubblicitàrebrandingrestylingvision

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