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Le origini della pubblicità

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Come nasce la pubblicità? lo scopriamo in questo estratto dal libro “Pubblicità” di Vanni Codeluppi edito da Zanichelli.

Con il termine pubblicità intendiamo una forma di comunicazione che vuole esercitare
un’opera di persuasione sugli individui. Questa definizione molto generale permette
di considerare la pubblicità come qualcosa che esiste da quando c’è comunicazione tra
gli uomini. Comunicare infatti porta con sé in molti casi la necessità di convincere
qualcun altro di qualcosa.

E’ più utile per noi considerare soltanto le forme di persuasione che vogliono raggiungere obiettivi commerciali. (ad esempio incrementare le vendite, migliorare l’immagine di un prodotto, contrastare le iniziative di aziende concorrenti, ecc.)

Non sappiamo con certezza il momento in cui nasce la pubblicità.


Possiamo dire che, nell’antichità, il tipo di comunicazione più vicino alla pubblicità erano le numerose insegne utilizzate dai commercianti per attirare i clienti. Ad esempio le iscrizioni trovate a Babilonia e che, oltre 5000 anni fa, vantavano le qualità di un artigiano.

Sono state ritrovate numerose insegne di epoca romana a Pompei, dipinte
o a mosaico. Alcune avevano delle iscrizioni per il passante in grado di leggere
e altre delle immagini simboliche facilmente comprensibili dalla maggior parte della
popolazione, all’epoca quasi del tutto priva di istruzione.

Le origini della pubblicità

Venivano usati spesso simboli semplici come: il fiasco per l’osteria,
le forbici per il sarto, la bacinella per il barbiere ecc.

Nella figura in alto, l’insegna di una panetteria che raffigura la coppia di proprietari

Con il tempo nacque l’usanza di dare alle insegne dei negozi una forma sporgente, detta a bandiera, per ottenere una maggiore visibilità.

Nelle città medievali queste insegne vennero usate in misure talmente eccessive, sia nel
numero sia nella grandezza, fino a ostacolare la visione reciproca e il passaggio dei veicoli.
Questo disordine indusse le autorità a regolamentare il loro impego.

Questo provvedimento spinse molti commercianti ad abbellire e rendere attraenti l’intera facciata del loro negozio o le fiancate degli ingressi, facendo dipingere sul muro o su pannelli decorazioni, figure piacevoli o riproduzioni suggestive dei prodotti venduti, spesso eseguite da artisti importanti.

Le immagini commerciali furono affiancate anche da quelle religiose e d’ambito militare, in
particolare in epoca comunale furono creati un gran numero di stendardi. Anche queste forme di comunicazione religiosa e militare possono essere considerate messaggi pubblicitari.

Ma fu sopratutto nel Rinascimento, con lo sviluppo dei traffici commerciali internazionali, che si manifestò l’esigenza di valorizzare le virtù di un prodotto, atteggiamento questo che è alla base del funzionamento della pubblicità moderna.

I giornali non erano stati ancora inventati e la forma pubblicitaria più diffusa era quella
dei venditori ambulanti, i quali, nei mercati e nelle fiere, descrivevano ad alta voce le merci
ai clienti che sostavano dinnanzi alle loro bancarelle.

Le origini della pubblicità

La stessa tecnica era utilizzata anche dai banditori, che urlavano per far conoscere nelle strade le ordinanze pubbliche.

Dalla metà del XV secolo, dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili ad opera di Johannes Gutemberg, fu possibile affiggere nelle strade delle città europee i primi manifesti stampati.

I detentori del potere politico, coscienti delle grandi potenzialità comunicative dei manifesti, imposero ad essi una rigida regolamentazione, assicurandosi il monopolio dell’affissione.

Pertanto sino all’Ottocento, i manifesti furono per lo più avvisi ufficiali.

Tra le eccezioni va senz’altro ricordato il manifesto realizzato nel 1477 dallo stampatore inglese William Caxton per promuovere le cure termali a Salisbury, il quale, per quanto oggi ne
possiamo sapere, rappresenta il primo esempio di manifesto commerciale.

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